sabato 16 novembre 2013

Principii di ghisa

Trattare di allenamento con pesi in modo compiuto è difficile.
Mi limiterò quindi ora a piazzare alcune fondamenta, che avrò tempo e modo di espandere.

Volume o intensità?
Dipende. Un concetto importante è che dopo circa 1h15 di allenamento, aumenta generalmente la produzione di cortisolo (ormone che catabolizza il muscolo, utilizzandolo come fonte di nutrienti). Solo atleti ''non puliti'' possono permettersi allenamenti giganti; per quelli che invece-come me-scelgono la strada natural, l'allenamento in sè (senza contare riscaldamento e defaticamento) dovrebbe stare idealmente sui 40 minuti, e comunque sotto l'ora. Quindi direi più intensità che volume.
(volume=serie*ripetizioni)

Alte o basse ripetizioni?
Sarebbe meglio allenare tutte le fibre del muscolo, bisogna quindi variare il range di ripetizioni. Il petto e i tricipiti contengono tanta fibra bianca (veloce e non resistente) quindi sono più adatti all'allenamento con basse ripetizioni; le fibre, comunque, coesistono in ogni muscolo.
Il range di ripetizioni può essere variato all'interno dello stesso esercizio (piramidi), all'interno dello stesso allenamento (esercizi a differenti range), all'interno di una programmazione (variando o alternando su base settimanale, mensile, etc.).
Per il natural sono comunque molto importanti le basse ripetizioni: se il peso è grosso e si ha quindi tanta forza, le fibre sono molte quindi la sezione del muscolo è notevole. Per il non natural, le alte ripetizioni assumono un valore particolare: più che la forza, si cerca un discorso di pompaggio.

Peso grosso o esecuzione corretta?
Entrambi. Abituarsi all'esercizio con poco peso, in modo da acquisire la forma corretta (anche se il peso possa sembrare ridicolo: l'obiettivo qui non è l'anabolismo, ma l'apprendimento): importante in questo senso farsi seguire da qualcuno, che corregga eventuali errori. Questo periodo può durare anche svariate settimane: l'apprendimento dei movimenti più complessi (primo fra tutti lo squat) sa essere laborioso, e i vizi di forma vanno eliminati presto, altrimenti ''calcificano''.
Quando la forma è appresa, aumentare il peso. Importante usare uno spotter: non c'è nulla di più patetico di chi resta sotto al bilancere alla panca. Se qualcuno si rifiuta di dare un occhio, è probabilmente solo un represso (spesso è anche pieno di steriodi, di odio per il mondo, e si sente gangsta a negare il proprio prezioso aiuto). E' anche buona educazione evitare di chiedere continuamente spotting in esercizi in cui per la natura stessa dell'esercizio non vi sia rischio di ''restarci sotto''.
In definitiva, usa il peso più alto che ti consenta di usare buona forma.

Range of motion?
Completo. A mezzo solo in particolari esercizi o circostanze (tipo il cheating e le mezze ripetizioni, ma solo sulle ultime reps, come tecnica di intensità avanzata).


Pausa fra serie?
Generalmente, abbastanza da evitare di trasformare una sessione di pesi in una di cardio. Particolari esercizi composti, pesanti e a basse reps possono richiedere anche 3-4 minuti di pausa; le superserie e lo stripping (oltre all'8x8 Gironda) prescrivono pausa nulla, giusto il tempo di togliere il peso di troppo. Nel mezzo, come standard, 90 secondi potrebbe esssere un buon punto di partenza.

''Tempo''?
La negativa deve essere controllata e la fase positiva, invece, esplosiva per avere un alto reclutamento di fibre.
(Tempo=ritmo all'interno della ripetizione)

(continua)

domenica 10 novembre 2013

Someone told me once "No pain no gain"

Salve a tutti, sotto richiesta della mia dolce metà ecco che mi ritrovo a scrivere in questo blog, al quale pensavo mi sarei dedicata unicamente dal punto di vista estetico.
Non vi aspettate riferimenti/giochi di parole/neologismi e quant'altro da me: il "classicista" è certamente lui.

Nella mia vita ho praticato diversi sport -e non-, dalla danza (classica, moderna, hip hop), alla pallavolo, al nuoto, all'equitazione e chi più ne ha più ne metta.
Insomma, sono d'animo inquieto e mi stanco in fretta di tutto -o quasi-.
I miei tentativi di avvicinamento alla palestra sono stati molteplici: la prima volta risale a circa 7 anni fa, nel 2006; iniziai a prendere conoscenza degli attrezzi in compagnia di un'amica del tempo, poiché si sa che lo sport "di gruppo" è sempre meno faticoso.
A poco a poco ci perdemmo di vista, soprattutto per le difficoltà che trovammo nel far combaciare i rispettivi impegni; inoltre (per voler essere sincera), non mi trovai bene. Istruttori simpatici, ma neanche troppo. Schede banali e ripetitive.
Dopotutto, la scheda-tipo femminile consta di: cardio, cardio, cardio, un po' di glutei, cardio, un po' di addominali e infine, dimentico qualcosa? Ah si: cardio.
Un anno, dopodiché il primo tentativo poteva considerarsi fallito.

Tentativo numero due: dopo parecchi anni passati nel barcamenarmi tra diverse attività, nel 2011 (anno di inizio università) mi trovai a varcare la soglia di una nuova palestra, questa volta più vicina a casa. Entrai in sala attrezzi una sola volta e decisi di dedicarmi ai corsi.
Secondo fallimento, mollai un paio di mesi dopo.

Luglio 2012 (ebbene sì, in piena estate). Tornai nella palestra frequentata 6 anni prima e la mia resistenza mi portò a fine agosto. Istruttori sempre uguali, schede come un tempo banali e ripetitive: terzo fiasco.

25 ottobre 2012 conobbi la mia controparte, un giovedì sera qualunque, uscendo con compagni universitari.
Chi avrebbe mai pensato che proprio lui sarebbe diventato la mia ispirazione, la mia spinta, il mio trampolino?
A colpirlo di me furono gli addominali (sì, era una persona decisamente amaterialista, no?), che scoprì quando alla mia frase "Ho la pancia gonfia" decise di appoggiare una mano sul mio ventre.
A domanda "Che sport fai?" risposi "Nessuno" e così era.
Nonostante il mio cervello non avesse alcuna voglia di inserirsi in una relazione, decisi di accettare l'offerta ad uscire con lui, una delle scelte migliori che abbia fatto in vita mia, sotto tutti i punti di vista.
Ma veniamo al dunque: ragazzo palestrato, un po' gasato, fuori dalle regole, con pensieri e opinioni particolari e discutibili. Iniziò a "rompere i cosiddetti" sull'alimentazione, per migliorare la ritenzione idrica che mi ritrovavo sul lato B, alias: CELLULITE. Che brutta parola.
Le regole?

  • Ridurre o meglio eliminare i "carbo"
  • Mangiare "protea"
  • Bere tanta acqua

Ancora non era riuscito a convertirmi alla palestra, ero parecchio scettica al riguardo.
Una sera del mese seguente mi trovai con delle amiche in un bar e qui scoprii la mia futura compagna di sala (J.) con la quale iniziai a frequentare la seconda palestra citata (che amore turbato), che nel frattempo aveva cambiato gestione: fatalità la stessa a capo di quella frequentata da Zeno (tutto tornava).

Quindi esperienza numero 4.
Il primo istruttore conosciuto è stato F., simpatico, produceva schede più variegate, meno noiose, esercizi meno ripetitivi e più interessanti. Il cardio iniziava già a diminuire, ottimo segno (è vero, il cardio non mi piace, ma a dire il vero il mio obiettivo non era quello di perdere peso: non ne avevo bisogno).
Ho proseguito contenta per qualche mese, vedendo qualche risultato, ma senza eccessi; potevo fare di molto meglio.
Dopo aver conosciuto A. (l'istruttore della mattina) sapevo che qualcosa stava per cambiare radicalmente: più esperto, puntiglioso, una botte di conoscenza, mi ha permesso di avere più fiducia nelle capacità della ghisa (per voler citare Zeno). Sia io che J. siamo state attirate dalla sua offerta: "Facciamo due lezioni private e costruiamo una scheda su misura"; affare fatto.
J. mi ha abbandonata all'avvicinarsi della sessione di esami estiva, mentre io, curiosa, spinta per chi aveva tante aspettative per me e attirata da questa nuova scheda così promettente ho continuato a frequentare la sala che nel corso dei due mesi successivi mi ha convinta che la via più semplice e veloce per modificare il proprio corpo (forse anche l'unica, chissà) è proprio la palestra.
Altro miglioramento? A domanda "Ma devo per forza farlo cardio?" A. mi ha subito risposto che niente è obbligatorio e che a me il cardio non sarebbe servito se non per far circolare l'acido lattico e ridurre i DOMS (che vi assicuro con questa scheda hanno raggiunto i massimi storici) del giorno seguente l'allenamento. Meglio di così si muore!
In corrispondenza di questa nuova scheda ho iniziato a prendere proteine, tuttavia mi è difficile dire se i miglioramenti successivi siano dovuti a queste ultime o alla modifica nella mia modalità di allenamento. Probabilmente si tratta di un insieme dei due fattori.

A fine estate A. si trovava per una serie di motivi a dover cambiare palestra ed io ero un po' disorientata, ma contenta per non aver mollato la sala attrezzi per una singola settimana nel corso della stagione.
Le conoscenze del "mio bello" mi hanno permesso di stringere amicizia con M., il figlio di uno dei soci, che (bravo e competente) è presto diventato il mio dispensatore di consigli ed esercizi.

Ad oggi i risultati rispetto ad un anno fa sono enormi.
Orgogliosa del mio cambio di forme, mi trovo con una schiena muscolosa ma non esagerata che ha permesso di migliorare la mia postura, gambe sode e toniche, con quadricipiti e bicipiti femorali che prima mi sarei sognata; braccia più robuste, addome....ehm, no l'addome è sempre uguale.
Cellulite? Beh se vi dicessi che è totalmente sparita non ci credereste (e fareste bene), ma i miei glutei sono di gran lunga migliorati, la maggior parte del "grasso" che avevo è stato sostituito dal muscolo e la ritenzione idrica si trova confinata ad una piccola zona.
Parte fondamentale da questo punto di vista è l'alimentazione, e sì, come sempre, bere tanta acqua.
Poi ci sono le persone come me che predicano bene e razzolano male, ma su, un po di sgarro nel periodo invernale ci sta.
E donne: se il vostro uomo vi critica dicendo che state controllando poco la vostra alimentazione voi rispondete che "siete in massa", vi assicuro che funziona.

Tornando al tentativo numero 4: fin ora riuscito! Vado in palestra volentieri anche se da sola, nonostante i mille impegni universitari trovo sempre spazio per la sala attrezzi, e più vedo risultati più mi motivo a continuare. In buona fede ho optato per un abbonamento annuale.
Ora sto iniziando ad avvicinarmi al tennis, per proseguire con la lista di sport sopra citata; ieri ho fatto la seconda ora di lezione guidata sempre da Lui e ho male ovunque.

Sperando di non avervi annoiato troppo, questo è un excursus di quella che è stata la mia esperienza sportiva fin ora, concentrata essenzialmente sulla palestra.
Non ho voluto tediarvi con le mie esperienze su BCAA prima e dopo l'allenamento, proteine, pre-workout, alimentazione ecc ecc in quanto sono sicura che lo farà abbastanza Zeno e in maniera molto più estesa ed approfondita.
Ritengo che questo quarto approccio sia stato un successone per me e tutto devo a colui che tanto mi ha stressata quanto mi ha supportata. Mi ha insegnato a voler bene al mio corpo e di riflesso alla mia persona, che se vuoi risultati devi sudare per ottenerli, ma che la soddisfazione che ne deriva vale mille di quelle fatiche.

Per concludere: GRAZIE.

Laura

lunedì 4 novembre 2013

Aftermath - Il post-workout

Le ore successive alla fine dello sforzo sono molto importanti: viene determinato il recupero, quindi non solo la crescita muscolare, ma anche l'esito della performance seguente.
C'è chi sostiene che ad assumere un ruolo primario siano addirittura i minuti che seguono lo sforzo: secondo la teoria della ''finestra anabolica'', difatti, le cellule muscolari striate avrebbero una permeabilità (a glucosio, aminoacidi, creatina, acqua, etc) nettamente superiore nei 25-35 minuti dopo lo sforzo. In tale spazio di opportunità sarebbe quindi possibile saturare i muscoli con maggiori concentrazioni di nutrienti, dando così uno stimolo forte al fenomeno della supercompensazione (di cui si tratterà altrove); in altre parole, all'anabolismo vero e proprio.
Tale teoria ha tuttavia, a mio parere, alcuni limiti.
Forse più di qualcuno si illude che le proteine di una shakerata post-workout entrino nei muscoli poco dopo esser state deglutite. Tuttavia ciò presupporrebbe uno svuotamento gastrico pressochè immediato, il che è invece utopico dato che necessita di almeno un'ora in condizioni ottimali. Inoltre, a dilungare la questione sta il fatto che vengono spesso assunte proteine assieme a zuccheri semplici, detti a rapido assorbimento (come destrosio e maltodestrine), con la convinzione che essi vengano, appunto, assimilati velocemente; in realtà gli zuccheri semplici hanno un alto richiamo osmotico: rallentano lo svuotamento gastrico, causano quindi disidratazione, causano sete nell'individuo, che quindi beve (con l'illusione di idratarsi ma alimentando solo in realtà questo circolo vizioso). L'equivoco è dovuto al fatto che l'alto indice glicemico degli zuccheri semplici causa un picco di insulina che lì fa entrare velocemente nelle cellule muscolari sì, ma solo una volta che già si trovano nel sangue: per arrivare lì, come abbiamo visto, la strada può essere più laboriosa del previsto. Inoltre il picco di insulina, oltre a far entrare glucosio e aminoacidi nel muscolo scheletrico e negli adipociti, causa anche un calo dell'ormone della crescita (riducendo quindi la sintesi proteica in un momento in cui essa è invece di primaria importanza).
Quindi? Per avere in circolo una quantità di nutrienti adeguata subito dopo l'allenamento (in modo da innescare i processi riparativo-anabolici quanto prima), essi devono essere assunti prima di allenarsi. Acquisisce così ulteriore importanza l'aspetto del timing di alimentazione e integrazione pre-workout (di cui si è un pò già trattato), in modo da trovare un equilibrio che consenta sia di essere adeguatamente nutriti durante e dopo l'allenamento, sia di non digerire nel mentre dello sforzo.
V'è poi un'altra questione. A mio modo di vedere, alimentarsi abbondantemente (leggasi anche 'forzatamente') subito dopo lo sforzo può essere non solo inutile ma anche deleterio. Non bisogna dimenticare che i cibi hanno una carica batterica talora non trascurabile, e che gran parte di questa è neutralizzata dagli acidi gastrici. Già abbiamo detto del contrasto fra ortosimpatico e parasimpatico. Ebbene, alimentarsi quando si è ancora in modalità ortosimpatica potrebbe fare in modo che lo stomaco sia impreparato ad accogliere il cibo, e che quindi non riesca ad uccidere molti batteri che in esso si trovano. Infatti lo shift orto-parasimpatico non è istantaneo (invece l'adrenalina ha azione pressochè istantanea: spiegabile col fatto che in natura ci possa essere urgenza di combattere o fuggire, ma non certo di digerire). L'intestino si troverebbe così a ricevere dallo stomaco cibi non del tutto processati, danneggiandosi di conseguenza in qualche misura: ciò peggiorerebbe l'assorbimento non solo di quel pasto, ma probabilmente anche di quelli a seguire, penalizzando il rifornimento di nutrienti e quindi il recupero. Inoltre, uno stato infiammatorio cronico dovuto ad una quantità di batteri insolitamente alta può portare a conseguenze nefaste per la salute stessa del prima atleta, poi paziente.
Ho sperimentato a lungo prima di arrivare alla conclusione che è meglio cibarsi una volta arrivati a casa, dopo essersi rilassati con una doccia ed aver raggiunto uno stato parasimpatico: la digestione è più veloce, meno laboriosa, i cibi sono più graditi, il recupero è migliore.
Ovviamente, quella che sto proponendo è semplicemente una riflessione, e un qualcosa che così funziona per me, che ho nausea dopo l'allenamento. Bisogna ascoltare il proprio corpo, no? Conosco persone che riescono ad avere fame appena dopo aver scaricato i pesi dall'ultimo esercizio: se loro hanno voglia di mangiare, vuol dire che l'ipotalamo manda segnali ad altri centri regolatori del sistema nervoso autonomo (ad esempio il nucleo salivatorio, il nucleo masticatorio, il nucleo motore dorsale del nervo vago, etc.), e l'asse ipotalamo-ipofisi secerne ormoni che ispirano il senso della fame: in definitiva, i loro corpi sono probabilmente più pronti ad accogliere il cibo, processarlo correttamente, assimilarlo.
(continua)



giovedì 24 ottobre 2013

ANTE PVGNAM PARS SECVNDA

Cattiva digestione può avvenire a causa di integratori. Personalmente, il monoidrato di creatina è fra quelli che creano maggiore discomfort. In generale, le molecole con carica generano richiamo osmotico, caratteristica questa che rallenta lo svuotamento gastrico; anche indirettamente, dato che, causando senso di sete, stimola a bere (e se si assumono liquidi, per definizione, lo stomaco non si svuota, ma, invece, si riempie). Un accorgimento può essere quello di assumere più lontano dall'allenamento gli integratori più indigesti. Un altro potrebbe essere quello di prendere il monoidrato di creatina, regalarlo a qualcuno che non gradiamo particolarmente, e poi procurarsi qualcosa di più avanzato tipo la creatina etil estere, o la creatina malato, le quali, grazie alla maggior biodisponibilità, necessitano di dosi nettamente minori (anche i reni, fra l'altro, ringraziano).
La tecnica dello ''stacking'' (assumere più integratori assieme per aumentare l'efficacia) può creare disturbi, parte per interazioni, parte per il sopraddetto richiamo osmotico. Personalmente, mi sento abbastanza sicuro nell'assunzione, prima dell'allenamento, di anche 8 grammi di ramificati, oppure di un preparato pre-workout specifico (aka ''tunnel''): ma non entrambi; salvo anticipare di un paio d'ore la pozione magica così creatasi, per lasciare sufficiente tempo per l'assorbimento.
Prima di proseguire, intendo fugare i dubbi di chi giustamente si chieda: come mai tutto questo baccano onde evitare di digerire mentre ci si allena? I motivi sono vari.
Innanzitutto, allenarsi con lo stomaco sensibilmente gonfio impone metodi di allenamento blandi blandi- pena il mostrare la propria dieta agli astanti: questo è tanto più vero quanto più vengono utilizzati i muscoli del torchio addominale (la loro funzione dovrebbe essere di creare pressione nella cavità addominale per supportare il tronco; quella di detrusore del contenuto gastrico è vivamente sconsigliata e altamente spiacevole, specialmente se in palestra).
Per comprendere la seconda ragione bisogna fare un salto nell'anatomofisiologia: le attività vegetative (=involontarie) sono regolate dal sistema nervoso autonomo, diviso in ortosimpatico (vasodilatazione del muscolo striato) e parasimpatico (secretività e motilità dell'apparato digerente), che con buona approssimazione possono essere definiti antagonisti. (Le funzioni fra parentesi sono limitate a quelle funzionali alla spiegazione). Con lo stomaco pieno, quindi, è attivato il parasimpatico, ma quando ci si attiva per fare dello sport è attivato l'ortosimpatico! Orto e para si combattono, e come risultato si avrà una cattiva digestione e muscoli poco performanti perchè poco vascolarizzati (e quindi sensazione di muscolo vuoto).
Questo fenomeno sta alla base anche di una riflessione la cui conclusione è che potrebbe non essere del tutto indicato alimentarsi subito dopo lo sforzo (''finestra anabolica'' anyone?), ma ogni cosa a suo tempo.
Un ulteriore motivo per cui possa essere difficile digerire è un eventuale stato psichico di tensione o stress (specie per chi, come il sottoscritto, tende a somatizzare). Un esame imminente, una qualsiasi competizione, un litigio con la morosa, o semplicemente troppi caffè; poi, ognuno ha le proprie. I pro sono assuefatti di benzodiazepine per ridurre lo stress (che, fra l'altro, causa l'aumento di agenti catabolizzanti come il cortisolo). Arnold era solito dire che il bodybuilder deve essere single (cfr il film-documentario Pumping Iron). Sua idea, e come tale qua la riporto.
(continua)

mercoledì 23 ottobre 2013

ANTE PVGNAM - come arrivare pronti all'allenamento

Nel momento in cui varco la soglia della palestra, mi assale sempre il dubbio di essermi preparato bene per l'allenamento; in altre parole, di essere pronto.

Uno degli errori più comuni (specialmente durante il periodo autunnale) è non aver ancora digerito del tutto nel momento in cui si inizia. Ciò può avere cause varie: l'aver mangiato troppo nell'ultimo pasto, o aver mangiato qualcosa che non si è riusciti a digerire bene (a volte eccedo con l'olio..), o ancora aver mangiato troppo a ridosso, o cause di natura psicologica, o cause ignote.

Mangiare troppo è frequente quando la dieta di ''massa'' imporrebbe una quantità di calorie tale da rendere solo un lontano ricordo il senso di fame (specialmente per chi, come me, avrebbe un appetito assai scarso). Bodybuilders professionisti mangiano davvero tantissimo: ho letto, e qua riporto, che Ronnie Coleman mangiasse più di 2000g di carboidrati al giorno (ciò significa 8000 calorie di soli carboidrati, a cui ne vanno aggiunte non-so-quante-altre da proteine e lipidi); sembra tuttavia una prassi abbastanza comune fra chi è cosi grosso, dato che, se andiamo a vedere le linee guida per i dopati di insulina, suggeriscono quantitativi glucidici almeno simili. Si può evincere quindi come l'alimentazione sia spesso il principale fattore limitante per chi ambisca a crescere di peso, dimensioni e forza: di certo per me lo è. Se riesci a digerire tot diventi tot. Altrimenti i margini di crescita sono limitati. Inoltre, non possiamo non constatare che un uomo medio a tali quantità di carboidrati risponderebbe probabilmente, sul lungo periodo, con un diabete, se non peggio.
Problemi di digestione possono anche verificarsi nel momento in cui qualcuno abbia una lieve intolleranza, acuita dalle quantità ingurgitate; c'è chi dice che valga anche il contrario, che cioè in soggetti predisposti, eccedere con un alimento possa far sviluppare, dopo un certo tempo, una ridotta capacità di digestione dello stesso (forse a causa di un indebolimento della flora residente). Capita spesso coi latticini, universalmente considerati fra gli alimenti migliori e più nutrienti nonostante l'uomo sia l'unico animale ad assumere latte dopo lo svezzamento; a partire dall'osservazione di questo paradosso, è nato tutto un ventaglio di regimi alimentari più o meno ''paleo'', in cui si nota anche, correttamente a mio vedere, che alla stessa stregua del latte è il triticum durum, detto anche frumento o grano; esso venne introdotto allorchè l'uomo, divenuto sedentario, diede vita alla rivoluzione agricola. A partire da queste considerazioni iniziali, ne risulterebbe che l'intolleranza al grano (celiachia) e ai latticini fossero le condizioni originarie, e che la capacità di digerire questi alimenti sia stata in realtà acquisita in seguito, selezionata come mutazione vantaggiosa che garantiva maggior fitness (evoluzionisticamente parlando) a certi individui all'interno di gruppi di coltivatori sedentari o di pastori nomadi.
(continua)

domenica 20 ottobre 2013

concretamente divertendosi

Come nella politica ai tempi di Roma antica, pure oggi nelle palestre si ha un contrapporsi di conservatori e progressisti. Poi ci sono gli ignavi, di cui ho brevemente trattato nella prima parte dello scorso articolo. Vabè.

Il conservatore è portatore di metodi di allenamento semplici e brutali: misura l'avanzamento considerando peso corporeo e peso sollevato, preferibilmente nei 'big three' della pesistica (panca piana, stacchi da terra e squat). Trattasi di specie, ahimè, in via di estinzione: sempre meno sono i veri amanti delle grandi fatiche da ghisa. Una concretezza rigorosa sarebbe invece essenziale specialmente per i novizi, in modo tale da evitare di vedere gente di 60 chili allenare i tricipiti con fervore eseguendo kickbacks.
Il progressista si lascia invece andare a finezze nella programmazione e nell'esecuzione. Predilige in genere i macchinari, ed esegue raramente gli esercizi basilari (fatta salva la panca piana: curiosamente, il lunedì sono tutti abbastanza tradizionalisti). Sostenitore di teorie e tecniche avanzate, il progressista è di solito molto informato, ma anche no: talora è infatti semplicemente qualcuno che tenta di sottrarsi al duro allenamento tentando qua e là, qualcuno che per evitare di caricare in modo serio il bilancere, si dilunga perennemente in vezzi e motivazioni varie. Alcune ricercatezze sono però molto importanti, e potranno far evitare spiacevolezze quali dolori articolari et cetera.

Come si può dedurre, ognuna di queste due logiche ha in sè del buono e del, diciamo, meno buono.
Non è pensabile allenarsi eseguendo solo una ristretta gamma di esercizi, come non è pensabile tralasciare i fondamentali. Sul piano dell'allenamento bisognerebbe quindi tenere conto sia della concretezza sia della varietà (in senso lato), alternandole e mischiandole. Dopotutto, in palestra bisogna divertirsi e tenere sempre la mente aperta, onde evitare che la ripetitività e la spiacevolezza facciano diventare tediosa l'attività; ma tenendo sempre bene d'occhio alcuni principi, di cui scriverò a breve nel prossimo post.

martedì 15 ottobre 2013

Il paradosso delle regole fisse

Quando mi avvicinai per la prima volta alla palestra avevo 15 anni: non conoscevo quasi nulla di come funzionasse il corpo umano. Il fitness, in generale, mi sembrava una scienza esatta: per come mi venivano descritte le schede di allenamento, per quello che sentivo dire qua e là. Fai A, diventerai B. 4-6 reps per la massa, 15 per la definizione con addominali in superserie a qualsiasi esercizio. Alle domande sul perchè fare questo o quello, le risposte erano sempre le stesse: quelle stesse frasi che ho imparato a riconoscere, pronunciate dal ''bro-scientist'' di turno. Nulla aveva una causa, pura consequenzialità. Era così e basta. Tutti pensano così, tutti fanno così, quindi così è giusto. Noioso. Sterile.
Dopo un anno e mezzo di alterna attività, ho ripreso a dedicarmi al tennis e al nuoto. Ero privo di stimoli e di interesse verso questo sport: credevo lasciasse così poco spazio all'immaginazione, alla creatività, alla ricerca.
Quanto mi sbagliavo.

Ottobre 2011 inizio Medicina e ricomincio palestra. Anche se stavolta è così diversa da quella di prima, che credo sia più giusto parlare di un inizio, ex novo. Stavolta incontro persone qualificate e volenterose. Comprendo che qualcuno di quelli ha fatto una lunga strada, della quale inizio a rispettare immensamente ogni passo. Una lunga strada lungo la quale si può aver raccolto tanto, come si può aver perso tanto.
Inizio a capire che in realtà c'è qualcosa sotto e oltre, qualcosa di più complesso, di straordinariamente complesso. E più scavi, più la buca si allarga. Quasi eccessivamente. Un casino pazzesco.
Avevo sempre avuto una sola variabile, l'allenamento (che poi tanto variabile non era); aggiungo un'altra variabile: l'alimentazione; e quasi subito dopo un'altra: l'integrazione. Scopro che gli aminoacidi non sono una droga e che le proteine non fanno scoppiare i reni. Scopro altri metodi di allenamento, che vanno oltre quelli convenzionalmente propinati. Confronto ciò che apprendo in università con ciò che apprendo alla rastrelliera dello squat. Capisco l'importanza del sonno e del riposo, e, chiedendomi il perchè, vado a vedermi i vari ormoni (endogeni) e i loro effetti; vedo che variano non solo da uomo a donna e da giovane a vecchio, ma sono pure differenti fra coetanei e insomma, in poche parole, arrivo a capire che alla base di tutto sta un discorso genetico, di variabilità individuale.
Quando poi vado a controllare tutto ciò online, a fronte dell'inimmaginabile quantità di informazioni diverse reperibili, una sola cosa mi è chiara: che molti, resisi conto di questa immensità di variabili, non comprendendone le ragioni fondanti, si siano rifugiati in un paradiso di regole fisse, confortati dall'opinione comune e dall'usanza, non avendo realizzato che lo scopo del fitness non può essere perseguito se non tramite una profonda conoscenza di sè stessi.